2008:CATTOLICI E LIBERALI PERCHE'?

Nel ‘900, molti liberali europei si sono trovati spesso in conflitto con la Chiesa. L’Italia e la Francia si sono costituiti proprio come Stati-nazione con una lotta (anticlericalismo) nei confronti della Chiesa cattolica. Ora, i tempi sono maturi per superare quel razionalismo chiuso e per aprire il liberalismo al messaggio Cristiano. A tal fine, non occorre che il liberale sia credente (la fede si gioca in un incontro personale con Dio), ma consapevole che sulla cultura Cristiana si è fondata l'Europa.
In passato il progressivo rinnegamento di queste radici ha consegnato il "vecchio continente" nelle mani di regimi liberticidi e sanguinari (comunismo e nazi-fascismo). Oggi il pericolo si chiama laicismo e fondamentalismo! Ecco le ragioni del nuovo progetto liberale: credenti e non credenti insieme per assicurare a Lesina, in Italia, in Europa.. un alba di libertà!

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sede legale: via G. Mazzini, 10- 71010 Lesina (FG)cattolicieliberali@alice.it

sabato 25 ottobre 2008

Mentre gli studenti di sinistra si battono per la scuola pubblica...


...I figli di Nanni Moretti, Santoro, Veltroni & company vanno alle scuole private!
(Sottotitolo: Armiamoci e partite!)
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Tanta preoccupazione per la scuola pubblica si può spiegare solo come un atto estremo di altruismo, visto che quando si tratta di decidere il destino dei figli un bel pezzo di centrosinistra si orienta direttamente verso le scuole private. E magari straniere.
Sorprende, insomma, tanta acrimonia nei confronti del ministro Gelmini, visto che non sono pochi gli esponenti della sinistra che di contatti diretti con la riforma della scuola, non ne avranno mai. Lo ha candidamente ammesso Michele Santoro nel corso dell’ultima puntata di AnnoZero, tutta dedicata alla scuola e alla nuova ondata di contestazioni studentesche.
Voleva dimostrare al leghista Roberto Cota quanto fosse sbagliata l’idea di «classi ponte» per insegnare la lingua straniera ai figli di immigrati. In sintesi: l’integrazione è facilissima anche quando un bambino si trova in un’aula dove tutti parlano una lingua che non sa. Per spiegarlo ha riportato, con comprensibile orgoglio paterno, l’esempio della figlia che frequenta una scuola straniera «e già parla un’altra lingua ». Applausi. Non si sa se dedicati alla bravura della bimba poliglotta o all’accostamento tra chi frequenta il costoso istituto francese «Chateaubriand», con l’obiettivo di diventare bilingue ed evitare le storiche carenze della scuola italiana, e i figli degli immigrati alle prese con la durissima battaglia per l’integrazione.
Ospite della trasmissione, il segretario Ds Walter Veltroni. Dei suoi investimenti immobiliari e formativi a New York a favore della figlia si sa già tutto. D’altro canto il Pci non c’è più. E con i comunisti è scomparso anche il divieto non scritto che vigeva per i dirigenti: mai iscrivere i figli alle private. Lo conferma il caso di Giovanna Melandri, la cui prole è stata affidata all’istituto privato «San Giuseppe». Si dice che l’esponente Pd abbia anche cercato di fare entrare la figlia in una scuola inglese. La stessa - la «Rome International School» - scelta dall’ex parlamentare di Rifondazione comunista Franco Russo, ansioso di dare un’educazione un po’ amerikana ai discendenti.
Niente pubbliche o comunali anche per i nipoti di Fausto Bertinotti, iscritti a suo tempo ad un prestigioso asilo romano dal metodo di insegnamento rivoluzionario. Ma a pagamento. E in effetti non è sempre la caccia alla lingua straniera la molla che fa scappare i genitori democratici dalle pubbliche. È il caso dell’ex ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, contestato dai giovani del centrodestra per aver mandato il figlio ad un Liceo scientifico paritario di Viterbo, proprio negli anni in cui era in carica nel dicastero di viale Trastevere.
La seduzione del privato-straniero ha fatto breccia anche tra i più intransigenti girotondini. È il caso di Nanni Moretti, il cui figlio frequenta la scuola americana di Roma, la «Ambritt». Stessa scelta per il discendente di un vero e proprio outsider del Partito democratico: Mario Adinolfi. Proprio in questi giorni l’ex esponente del Ppi, per sua stessa ammissione allergico alle occupazioni, ha lodato la nuova ondata di studenti contestatori vedendoci l’embrione di un «conflittogiovanile di massa contro queste destre ». Chissà se anche dalle parti della scuola americana di Roma farà breccia l’atteso nuovo Sessantotto.
Scuola privata catanese anche per le figlie di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd. Al club del «no alle statali» si è iscritto anche Francesco Rutelli, Anche lui negli ultimi giorni si è espresso, non tanto a favore della protesta studentesca, quanto contro la linea «dura» di Berlusconi. Sicuramente nessuna delle sue due figlie dovrà subire interruzioni delle lezioni: una è iscritta al liceo privato «Kennedy» e l’altra alla prestigiosissima «San Giuseppe De Merode», scuola con vista su Piazza di Spagna.
Da quelle parti di okkupazioni, e cortei, se ne vedono pochi.
articolo di Antonio Signorini, tratto da Il Giornale del 25-10-2008

lunedì 13 ottobre 2008

Il caso Petrella: cronaca di un delitto impunito!



di Leonardo Mandunzio


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Il FATTO:
Marina Petrella, detta “Primula rossa”, 54 anni, dal 1976 operante nella colonna romana delle Brigate Rosse, condannata all'ergastolo nel 1992, al termine del cosiddetto processo “Moro Ter”, per l’omicidio di un poliziotto ed il sequestro di un Magistrato, libera di espatriare, per gli effetti della decorrenza dei termini di custodia cautelare.
LA LATITANZA:
nel 1993 fugge in Francia, dove per l’effetto della “dottrina Mitterand”, varata nel 1985, il terrorista latitante non può essere estradato in Italia se si impegna a rinunciare alla lotta armata costruendosi una nuova vita. (Roba da far impallidire Montesquieu!).
Sulla scorta di questa dottrina, parecchi brigatisti nostrani ripararono a Parigi sfuggendo, così alla giustizia italiana.
Ritornando alla Petrella, dopo essersi rifugiata a Parigi, vive indisturbata fino al 2007, lavorando come assistente sociale, anno in cui la polizia francese stranamente si accorge di lei identificandola ad un normale posto di blocco stradale e finalmente arrestandola.
Tale circostanza fa scattare l’inevitabile procedura per l’estradizione richiesta dal Governo italiano.
Il 9 luglio 2007, il Presidente della Repubblica francese, Sarkozy, assicura pubblicamente che la "dottrina Mitterand" è superata, dichiarandosi pronto a firmare il decreto di estradizione della Petrella, subordinandolo però, alla concessione della grazia da parte delle Autorità italiane.
La Petrella, nel frattempo colta da un attacco di depressione, esce dal carcere e viene ricoverata in una casa di cura di Parigi dove afferma testuali parole:” In Italia non tornerò, potranno riavere soltanto il mio corpo”
Il Governo italiano ribadisce che la brigatista deve essere estradata in base al diritto comunitario, senza condizioni, in quanto la grazia la può concedere solo il Presidente della Repubblica italiana a seguito di richiesta da parte dell’imputata, assicurando, altresì, cure adeguate per la brigatista.
Senonchè l'Avv. Irene Terrel legale della Petrella, rispolvera una clausola del Trattato di Estradizione Italia-Francia del 1957 dove si prevede una opposizione al decreto di estradizione qualora ricorrano motivi umanitari (rischio di lasciarsi morire). Guarda caso da allora, la Petrella ha iniziato lo sciopero della fame e della sete.
Il resto dell'opera la completano le sorelle Carla e Valeria Bruni, mentori della causa della Petrella, convincendo il Presidente Sarkozy a disapplicare il decreto di estradizione.
IL DIRITTO COMUNITARIO VIOLATO:
La posizione della Francia in questa vicenda è del tutto arbitraria ed ingiustificabile sul piano del diritto comunitario per i seguenti punti:
1) In base al trattato di Schengen, Titolo III, lettera c ) i firmatari dell'Accordo si impegnano ad estradare tra loro le persone perseguite dalle autorità giudiziarie della parte richiedente;
2) La dottrina Mitterand, è una semplice prassi francese e non può derogare un trattato internazionale firmato dalla Francia stessa
3) la clausola umanitaria invocata dal legale della Petrella è pretestuosa poichè la sua assistita potrebbe continuare ad essere curata in Italia, dove è previsto il rinvio dell'esecuzione della pena per malattia particolarmente grave incompatibile con la detenzione carceraria (artt. 146-147 c.p.)
CONCLUSIONI:
Si attende che il Governo italiano faccia rispettare in seno alla Corte di Giustizia europea l'Accordo di Schengen, tramite ricorso per inadempimento.
Questo sia ben chiaro, non per spirito di rivalsa ma per garantire, seppur a 30 anni di distanza, un barlume di giustizia ai parenti di tutte quelle vittime che il terrorismo ha falciato negli anni’70 , che non meritano di essere dai carnefici pure irrisi.

venerdì 10 ottobre 2008

Cazzeggio...ergo sum!

di Leonardo Mandunzio
Navigando nel web mi sono imbattuto nel seguente annuncio:
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“Omissis…….Stiamo cercando nuovi opinionisti per un famoso programma delle reti *****. Cerchiamo ragazzi/e, signori/e di bella presenza, spigliati e che non abbiano timore delle telecamere….omissis”
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In principio fu Aldo Biscardi, poi venne Maria De Filippi con la trasmissione cult Amici: indice alzato, stile scuola materna, per prenotare l’intervento.
Da allora nel “piccolo schermo” è un continuo susseguirsi di programmi in cui si alternano mandrie di opinionisti chiamati a dire la loro su tutto lo scibile umano.
Il trend, volenti o nolenti è ormai questo…
Non c’è niente da fare, per riscontrare i favori del pubblico bisogna urlare o denigrare il malcapitato di turno infischiandosene di rovinargli la reputazione.
Tutto si è trasformato in un chiassoso talk-show, mutazione genetica che non ha risparmiato nemmeno la tradizionale partita di calcio.
Prima a commentare le gesta atletiche di Van Basten & C., c’era solo il buon Pizzul, adesso invece si alternano in tre per condire il match di riflessioni inutili e banali.
A tal riguardo chiederò al Ministro Gelmini, con una petizione popolare, di imporre il telecronista unico!
Ma i “cultori dell’ovvio” non si fermano solo al calcio……
Il problema diventa serio quando questi signori (veline, gieffini, visagisti e tronisti) sono chiamati a presenziare in trasmissioni televisive (Porta a Porta, Matrix, Italia sul 2…….) con una share elevato, in cui si discutono argomenti di rilevanza etico-sociale.
E vero che l’art. 21 della Costituzione recita che:”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione
Ma è altrettanto vero che, non basta l’ironia o la bella presenza per giustificare un “secondo me” anche quando la questione da dibattere è rilevante.
Quel "secondo me" dovrebbe essere sorretto da doti come la competenza e soprattutto la prudenza, qualità che si acquistano non sull’Isola dei Famosi ma dopo anni di studio, al fine di garantire il diritto del telespettatore ad essere informato sulla questione trattata nel modo più veritiero e corretto possibile!
Questo aspetto tragicomico della Tv italiana è stato colto dal mitico Gene Gnocchi (al secolo Eugenio Ghiozzi, classe 1955, ex avvocato, attore, scrittore), che attraverso il suo show (Artù in onda ogni giovedì verso le 23.15) si propone di formare quelli che definisce gli “esperti del cazzeggio”!
Ci riuscirà?
Vai Gene siamo con te!

sabato 4 ottobre 2008

Nella guerra della scuola i bambini come scudi umani

Articolo del 03-10-2008-tratto da L'Occidentale


Nella paradossale battaglia per difendere la scuola dal ministro dell'Istruzione la sinistra e la sua stampa di complemento la deve smettere di usare i bambini come scudi umani.
Ormai c'è n'è una al giorno. Ieri abbiamo saputo della maestra che ha convocato la manifestazione contro la Gelmini facendo scrivere una nota sul diario dei ragazzi, da far leggere e firmare ai genitori.
Sempre ieri a Bologna, genitori e insegnanti hanno tentato di occupare la scuola elementare don Marella, portandosi i bambini al seguito, col sacco a pelo e i materassini. Per poi gridare allo scandalo quando i carabinieri hanno fatto sgombrare la scuola spaventando i piccoli alunni.
Oggi dall'Unità apprendiamo che manovre del genere sono considerate un successo democratico. Così infatti l'intrepido titolo del quotidiano: "Una giornata di lotta a staffetta. Gli insegnanti, i precari, i genitori, ma anche tanti bambini".
Grande successo della manifestazione dunque: anche i bambini sono contro la riforma del ministro Gelmini, scendono in piazza, si accampano sulle scalinate del ministero e rilasciano interviste bellicose. Come quella che sempre l'Unità ha cura di riportare: "Marco biondino di 9 anni - scrive impavido il giornalista - la mette sul pratico: voglio andare a scuola anche il pomeriggio, a casa mi rompo". Più che contro la Gelmini sembra un'intervista contro i genitori, ma ovviamente la tesi del giornalista è che la Gelmini abbia abolito ora e per sempre il tempo pieno.
Insomma basta: se genitori e insegnanti hanno voglia di manifestare lo facciano pure ma lascino in pace figli e figlie, non li schierino in una guerra che non è la loro, non ne facciano oggetto di propaganda politica.
Non si difende un'idea di scuola alternativa a quella del governo, giusta o sbagliata che sia, mettendo i bambini sugli spalti della rivolta così da nascondersi dientro la retorica dell'innocenza, magari sperando di esporli come "vittime collaterali".
Se proprio volete la guerra contro Mariastella, armatevi e partite, ma lasciate i bambini a casa.

lunedì 22 settembre 2008

mercoledì 17 settembre 2008

DON GIUSSANI EREDE DI ROSMINI: la Famiglia e non lo Stato scelga l'istruzione



Articolo scritto da Alberto Mingardi, apparso su Il Riformista del 23-02-2005
Di Don Luigi Giussani rimarrà tanto, resterà la sua capacità di avvicinare al Mistero, di chiarire come pochissimi altri nel mondo d’oggi il doppio binario cristiano, ch’è il pessimismo sulla natura dell’uomo e l’ottimismo sul suo destino, il bisogno del vero declinato secondo il gusto del ragionevole, l’esperienza della fede. E quanti sono stati toccati, di persona, da questo sacerdote di Desio al punto di farne un’appartenenza, hanno di certo ben più da dire, ben più da piangere. Ma Don Gius non deve, ora, continuare a vivere solo nella loro biblioteca,o nel segreto tempio degli affetti. La sua lettura sarebbe ampiamente raccomandata a quelli che continuano a dirsi liberali, eppure non riescono ad affrancarsi dai miti stanchi che tramano contro il successo, la verosimiglianza, il senso stesso di quella tradizione di pensiero alle nostre latitudini.
Proprio a quelli che non riescono a comprendere quanto sia naturale, quanto sia “normale” essere cattolici e liberali, come Bastiat,come Tocqueville, come Rosmini, leggere Giussani farebbe bene.
Soprattutto su un tema, che è cartina di tornasole affidabile: l’educazione.
Il recinto della “scuola laica”è ancor oggi guardato a vista. Sottrarre l’educazione alle famiglie è stata raccomandata come l’unica assicurazione possibile contro la sopravvivenza del dispotismo sociale, di un intrigo di medioevali pregiudizi che schiacciano l’individuo proprio mentre cerca di diventare se stesso. I liberali post-unitari, del resto, erano impegnati a “fare gli italiani”,fabbricando da poche briciole un’identità, e dunque ansiosi di far conto su due agenzie di omogeneizzazione culturale: il servizio militare, e la scuola. Abortire il pluralismo dell’offerta educativa diventa una necessità, se lo Stato si definisce in antitesi all’unica istituzione che abbia radici robuste abbastanza da resistergli: la Chiesa.
L’imbastardimento del liberalismo per la velleità di un’egemonia era stato anticipato, sfidando il fuoco dei contemporanei, da Antonio Rosmini. «Vi hanno tra noi dei dottrinari», scriveva, «che riconoscono nei padri il diritto di fare istruire i loro figliuoli da persone di loro fiducia, scelte senza impedimento, ma poi aggiungono: «ciò non ostante per al presente non conviene lasciare questa libertà ai padri di famiglia, perché non ne sanno usare, hanno molti pregiudizi imbevuti nel tempo passato. Conviene dunque per ora privarli di quella libertà, fino che sieno formati alle nuove idee della giornata; allora poi glie la concederemo».Quelli che così ragionano sono falsi liberali,il che è quanto dire non liberali, sono teste inconseguenti, senza principi».Ammettere la libertà solo per i membri del proprio club ideologico, legare l’esercizio della propria responsabilità al riscatto di un esame,espropriare padri e madri del diritto di educare per consegnarlo al potere politico è un tradimento, un’abiura.
Ecco, Giussani,in molte occasioni ma soprattutto in un libro bellissimo, Il rischio educativo, ha definitivamente e vigorosamente sgomberato il campo da ogni equivoco. Lo Stato non può educare,perché l’educazione in senso proprio è immensamente di più dell’immagazzinare nozioni, da una parte, e del tentativo d’indottrinare dall’altra. Don Gius ha smascherato la bugia della scuola laica,aprendoci gli occhi sull’impossibilità di una educazione “neutrale”, che finga di tacere sulle questioni che fanno ribollire il sangue degli uomini. Insegnare è accettare il “rischio della libertà” e formarlo al confronto, perché «la scuola neutra pare che tragga queste sole conclusioni dallo scetticismo che tende a generare: il fanatismo o il bigottismo, fanatismi pro, bigottismi contro, oppure indifferenza e qualunquismo».
Viceversa, solo “una scuola ideologicamente qualificata” può «creare coscienze veramente aperte,e spiriti veramente liberi. E’ proprio perché educa all’affermazione di un criterio unico che essa può creare nel giovane un interesse intenso al paragone con le altre ideologie e una apertura sincerissima e simpatetica verso di esse». Non si cresce immergendosi in un brodino scipito, non c’è libertà educativa in un’orchestra composta sì di molti elementi,ma tutti costretti al silenzio.E’ invece solo sul mercato della conoscenza, un mercato aperto a chiunque abbia qualcosa da dire (due tipi di persone hanno la dignità dell’umano, racconta Giussani a Renato Farina: l’anarchico e il religioso, chi sa accettare l’esistente e chi sa ribellarsi, non quelli che si mordono la lingua), che si può trovare il pluralismo autentico. E non crediate la tolleranza sia figlia del silenzio: è anzi il prodotto di quella “simpatia” per la fede altrui che solo chi ha consapevolezza di quel che crede può provare.
C’è una lezione di libertà straordinaria in quelle pagine,che andrebbe urlata addosso ai talebani dello scetticismo, ai silenziatori delle coscienze, agli spiriti colti e smaliziati per i quali il rispetto delle ragioni altrui è figlio di un cinismo divertito e compreso,e non dell’identificazione nella differenza. Guarda caso, c’è una parola ch’era cara a don Gius. “Creatività”, e dice il meglio dell’uomo, calpestato e offeso dall’interventismo selvaggio: «lo statalismo è sempre una situazione pietosa, nel senso che fa pietà: senza creatività, senza poesia, senza canto (adeguati, dico)». «Una società è fatta dall’imporsi di questa creatività di cui la libertà dell’uomo è capace, dall’imporsi di questa creatività anche al predominio dello Stato.Più società:più individui,più creazione dal basso».

martedì 2 settembre 2008

Il compito dei cattolici nella società di oggi


Talvolta abbiamo idee confuse e personali su come debba comportarsi un credente cristiano nella società di oggi.
Con questo intervento, da parte di un eminente esponente della Gerarchia ecclesiastica, si dissipa ogni dubbio.
Ve lo proponiamo integralmente. Buona lettura.

Intervento dell'arcivescovo Rino Fisichella al Meeting di Rimini
Rimini, 30. "Noi non stiamo nelle sacrestie, siamo nel mondo. Noi siamo nel mondo, nessuno potrà chiuderci la bocca. Se non parliamo noi non ci sarà nessuno che avrà parole di speranza per questo uomo sperduto di oggi": con queste parole sul ruolo dei cattolici nella società attuale, monsignor Rino Fisichella, rettore dell'Università Lateranense e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha suscitato calorosi applausi nel corso del suo intervento da parte dei presenti a Rimini, venerdì 29 alla penultima giornata dell'annuale Meeting di Comunione e liberazione.
Monsignor Fisichella, riferendosi ai sanguinosi attacchi ai cattolici nell'Orissa in India, ha dichiarato che "come nei primi tempi della Chiesa, i martiri sono ancora oggi. Quattordici persone, se non trenta, sono state uccise solo perchè portano il santo nome cristiano". L'arcivescovo ha quindi parlato del rapporto tra scienza e fede: "La Chiesa - ha dichiarato - non potrà mai essere nemica della scienza e non lo è mai stata in passato", è nemica piuttosto delle pseudo-scienze e della pretesa della scienza di dire l'ultima parola sull'uomo.
Monsignor Fisichella, riferendosi al conflitto che può sorgere tra scienza e fede, ha voluto ribadire che "da noi non ci si può aspettare una parola di morte; da noi ci si può aspettare soltanto una parola di vita. Se noi per un attimo dimenticassimo questo l'uomo di oggi sarebbe disperato, cioè¨ senza speranza. Noi non possiamo permettercelo". "Quando si toccano i principi fondamentali del vivere - ha continuato monsignor Fisichella - del dare senso alla vita, quando si toccano i fondamenti dell'esistenza, dobbiamo dare all'uomo di oggi delle certezze, non dei dubbi, perchè si tratta di vivere fondandosi sulla roccia che è Cristo".
Riferendosi al ruolo della Chiesa cattolica nella società di oggi, monsignor Fisichella ha voluto sottolineare che un ruolo pubblico per la Chiesa non è "ingerenza" ma capacità di dire parole di vita e speranza.
"Ci sono una serie di situazioni - ha sottolineato il rettore - che sono state riferite al cosiddetto "testamento biologico" ma possono esserci altre espressioni che fanno emergere più il senso della vita anzichè la morte".
Nei riguardi del rapporto tra Chiesa e Stato circa le questioni etiche e biologiche, monsignor Fisichella ha sottolineato che "nel momento in cui nella società si pongono problemi nuovi ed emergono situazioni prima sconosciute perchè la scienza fa passi da gigante, è evidente che lo Stato sia chiamato ad assumersi la responsabilità di dare una risposta".
Tuttavia, per monsignor Fisichella, "la Chiesa conosce l'uomo, è esperta in umanità ; per questo sa che cosa c'è nel cuore dell'uomo, sa quali sono le domande che si agitano nell'essere umano. Sono le domande di sempre.
Da dove vengo? Dove vado? Perchè il dolore? Perchè la sofferenza? Perchè la malattia?
Queste sono le domande dell'uomo. Dell'uomo antico, dell'uomo del medioevo, dell'uomo moderno, dell'uomo post-moderno, quando arriverà ".
Riferendosi ai recenti, sanguinosi episodi di persecuzione contro i cristiani nello Stato indiano dell'Orissa, monsignor Fisichella ha lanciato un appello in difesa dei "nostri fratelli che vivono in una regione lontana dalla nostra, ma ci appartengono. Nel momento in cui si infierisce su di loro, si infierisce su di noi, perchè noi siamo solo un corpo, questa è la realtà della Chiesa".
"La Chiesa - ha poi proseguito - nel corso dei suoi duemila anni è ancora oggi protagonista nella vita delle persone. Perchè, a differenza di tante forze che sono presenti nel mondo la Chiesa vive di un incontro interpersonale con ciascuno.
Se non fossimo credibili, allora il mondo non ci insulterebbe, perchè penserebbe che siamo dei suoi.
Proprio perchè siamo credibili, proprio perchè siamo capaci di dare dei martiri, proprio perchè siamo capaci ancora oggi, ininterrottamente, di riportare quella Parola di vita, proprio per questo il mondo non ci vuole. Anzi, ci vuole come dei numeri.
A tutto questo diciamo no, diciamo che siamo persone, e persona, per sua stessa identità semantica significa relazione. Questo termine è stato trasformato nel corso dei secoli cristiani alla luce del concetto di Dio che è Trinità ;
siccome i cristiani dovevano parlare di Dio come persona e come una persona che ama e che è in relazione ed è Padre e Figlio e Spirito, allora questa relazionalità viene data a ciascuno di noi". Monsignor Fisichella ha quindi ricordato che "la Chiesa nella sua realtà è nel mondo ma non è del mondo, perchè Gesù ci ha detto questo;
ma noi partecipiamo completamente di quello che è la realtà del mondo di oggi.
Noi siamo come un fermento che alimenta la pasta, ecco perchè dobbiamo essere presenti, ecco perchè nessuno potrà rinchiuderci".
Monsignor Fisichella nel concludere il suo intervento al Meeting di Rimini 2008 ha ricordato le parole di John Henry Newman in una delle pagine della Apologia pro vita sua quando scrive: "Io non permetterò mai che quell'evento, che ha dato senso alla mia vita, possa essere considerato come un reperto archeologico; è vero, è vissuto più di venti secoli fa ma la sua parola è una parola per oggi, la sua persona vale per oggi, il suo messaggio di amore vale per oggi".